martedì 16 gennaio 2018

#42 - IL FU MATTIA PASCAL di Luigi Pirandello

IL FU MATTIA PASCAL
di Luigi Pirandello




TRAMA



"Una delle poche, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal". Ma anche la certezza del proprio nome dovrà svanire ben presto nella vita del bibliotecario Mattia Pascal. A lui il caso ha dato una clamorosa possibilità: rinascere, azzerare il proprio passato e ricominciare una nuova vita. Moglie, suocera e amici lo riconoscono nel cadavere di un suicida e lo credono morto. Ricco, grazie a una vincita al gioco, può rifarsi una nuova vita e inventarsi così il ruolo di Adriano Meis. Ma la libertà appena acquisita è in realtà una ferrea prigione: non è nessuno, non esiste, non ha una realtà sociale, è un "forestiere della vita". Nemmeno l’amore che prova per la dolce Adriana può aiutarlo (come può sposarsi?). L’unica soluzione è morire di nuovo: uccidere Adriano e far rinascere Mattia. La sua nuova identità ora è quella del fu Mattia Pascal: un morto-vivo che non può riprendere la vita di prima (la moglie si è risposata) e a cui non resta quindi che ritornare bibliotecario in un paese dove nessuno legge e andare di tanto in tanto a far visita alla propria tomba. Il romanzo, pubblicato nel 1904, scandaglia, anche umoristicamente, la realtà piccolo-borghese ed evidenzia l’impossibilità per l’uomo di essere totalmente artefice del proprio destino.




LA MIA RECENSIONE





“La storia doveva essere fatta per raccontare e non per provare”



Mattia Pascal non è uno sposo felice e la perdita delle sue due figliolette lo fa precipitare. Non sopporta più ne la moglie ne, soprattutto, la suocera. Si allontana di casa per recarsi in un casinò e dopo una cospicua vincita, legge sul giornale del ritrovamento di un cadavere nel suo paese. La notizia che lo turba di più è il fatto che moglie e suocera hanno riconosciuto nel cadavere le sue sembianze. Non capisce il motivo, non possono essersi confuse, ma decide che non gliene importa. Approfitta della situazione per crearsi una nuova identità, liberandosi così della vecchia famiglia. Risiede in un appartamento in affitto dove affronterà numerose avventure: si innamorerà, sventerà una truffa nei suoi confronti fino a che la situazione non diventa insostenibile e decide di rifare tutto: mette in scena il proprio suicidio e si riprende la sua identità. Le cose non andranno come spera.



“Crediamo che la luna non stia per altro nel cielo, che per farci lume di notte, come il sole di giorno, e le stelle per offrirci un magnifico spettacolo. E dimentichiamo spesso e volentieri di essere atomi infinitesimali per rispettarci e ammirarci a vicenda, e siamo capaci di azzuffarci per un pezzettino di terra o di dolerci di certe cose, che, ove fossimo veramente compenetrati di quello che siamo, dovrebbero parerci miserie incalcolabili.”


Devo ammettere che mi aspettavo qualcosa in più. Che succedesse qualcosa di più interessante nei panni di Adriano Meis. Rimane comunque una scrittura piacevole da leggere e ricca di pensieri che colpiscono.

  

“Lessi così di tutto un po’, disordinatamente; ma di libri, in ispecie, di filosofia. Pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”

“Nessun maggior dolore – che ricordarsi del tempo felice – nella miseria”



“Ogni oggetto in noi suol trasformarsi secondo le immagini ch’esso evoca e aggruppa, per così dire, attorno a sé. Certo un oggetto può piacere anche per se stesso, per la diversità delle sensazioni gradevoli che ci suscita in una percezione armoniosa; ma ben più spesso il piacere che un oggetto ci procura non si trova nell’oggetto per se medesimo. La fantasia lo abbellisce cingendolo e quasi irraggiandolo d’immagini care. Né noi lo percepiamo più qual esso è, ma così, quasi animato dalle immagini che suscita in noi o che le nostre abitudini vi associano. Nell’oggetto, insomma, noi amiamo quel che vi mettiamo di noi, l’accordo l’armonia che stabiliamo tra esso e noi, l’anima che esso conquista per noi soltanto e che è formata dai nostri ricordi”



“Bastava guardarlo, bastava considerare un poco quella sua minuscola ridicola personcina, per accorgersi ch’egli mentiva, senza bisogno d’altre prove. Allo stupore seguì in me un profondo avvilimento di vergogna per lui, che non si rendeva conto del miserabile effetto che dovevano naturalmente produrre quelle sue panzane, e anche per me che vedevo mentire con tanta disinvoltura e tanto gusto lui, lui che non ne avrebbe avuto alcun bisogno; mentre io, che non potevo farne a meno, io ci stentavo e ci soffrivo fino a sentirmi, ogni volta, torcer l’anima dentro.”



“A poco a poco, superati gli scogli delle prime domande imbarazzanti, scansandone alcuni coi remi della menzogna, che mi servivan da leva e da puntello, aggrappandomi, quasi con tutte e due le mani, a quelli che mi stringevano più da presso, per girarli pian piano, prudentemente, la barchetta della mia finzione poté alla fine filare al largo e issar la vela della fantasia.”



“Le anime hanno un loro particolar modo d’intendersi, d’entrare in intimità, fino a darsi del tu, mentre le nostre persone sono tuttavia impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali”



“L’uomo, quando soffre, si fa una particolare idea del bene e del male, e cioè del bene che gli altri dovrebbero fargli e a cui egli pretende, come se delle proprie sofferenze gli derivasse un diritto al compenso; e del male che egli può fare a gli altri, come se parimenti dalle proprie sofferenze vi fosse abilitato.”



“Quanti espedienti macchinati durante la notte non appaiono poi vani e non crollano e non sfumano alla luce del giorno



Bellissimo il passo in cui si immagina il suo “nuovo” passato. Comincia a pensare a un probabile padre e a come e perché sia andato all’estero. Nel farlo si fa prendere totalmente dalla fantasia considerandola vera, tanto che quasi se la prende per le scelte di questo ipotetico padre. È come quando lo scrittore, prima di far muovere i propri personaggi, in modo che si creino un loro futuro.





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